VIOLENZE IN CARCERE. Detenuto al processo: "No olio bollente, lo usammo per cucinare gli spaghetti"
SANTA MARIA CAPUA VETERE - Al processo sui pestaggi dei detenuti commessi dagli agenti penitenziari al carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) il 6 aprile 2020, si parla della rivolta che si scoppiò il giorno precedente dopo che si diffuse la notizia della positività al Covid di un detenuto, e che portò i vertici campani del Dap a disporre la perquisizione straordinaria degenerata in pestaggio a tappeto.
Il detenuto Ciro Esposito, una delle vittime dei pestaggi costituitasi parte civile - nei video si vede che viene picchiato con violenza - durante il controesame degli avvocati degli imputati, racconta che "il 5 aprile fummo chiamati dell'ufficiale donna della penitenziaria, coordinatrice del reparto, che ci disse che se avessimo protestato pacificamente sarebbe venuto il magistrato". Mariano Gaudio, legale dell'imputato Angelo Bruno, chiede se "qualche detenuto avesse le armi, o se qualcuno avesse minacciato gli agenti penitenziari con l'olio bollente"?
"Assolutamente no, l'olio lo usammo per cucinare spaghetti aglio e olio, e ce li mangiammo anche" risponde Esposito, smontando una delle affermazioni fatte dall'allora provveditore campano alle carceri Antonio Fullone (imputato), che giustificò la perquisizione del 6 aprile come la necessità di trovare armi usate dai detenuti il giorno prima nel corso della protesta, indicando tra gli oggetti sequestrati nelle celle proprio pentolini con l'olio bollente.