antica cittadella
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Ritornare dove si è stati bene e ricevere dopo anni di lontananza un affetto incredibile. È quello che è successo ad Oscar, il campione brasiliano di basket che è stato a Caserta soltanto qualche settimana fa. La visita è dovuta alle riprese della docuserie ‘Scugnizzi per sempre’, che parlerà dei fantastici anni di militanza alla Juvecaserta, con cui ha giocato per otto anni dal 1982 al 1990. Arrivato da sconosciuto, voluto fortemente da coach Boscia Tanjevic, c’ha messo poco a conquistarsi titoli a nove colonne e ad essere etichettato con aggettivi quali ‘mitraglia’ o ‘bombardiere’. Dopotutto, stiamo pur sempre parlando di colui che detiene il record di maggior punti segnati in carriera a livello globale. «Il mio sogno era di giocare in Italia - ha esordito Oscar -, perché se fossi andato in Nba non avrei potuto giocare con la nazionale. Tanjevic quando è arrivato a Caserta ha chiesto di prendermi alla proprietà. Mi sono ambientato subito perché la pallacanestro è uguale dappertutto. Ovunque giocassi volevo soltanto fare bene. Conosco il gioco e per questo volevo il pallone in mano perché sapevo cosa dovevo farci. Essere stato allenato da lui è stata una grande esperienza per me. Credo che chiunque lo avrebbe voluto come allenatore, e per questo mi sento fortunato. A lui devo tantissimo».

Oscar è ritornato al vecchio palazzetto di viale Medaglie d’Oro, oggi intitolato ai fratelli Santino e Romano Piccolo, ritenuti i padri putativi della pallacanestro casertana. In quell’impianto è dove ha mosso i primi passi da bianconero il cecchino brasiliano, che «non ricordavo il palasport perché ha subito delle migliorie. Ho avuto modo di vedere la partita contro Roseto, ho visto un bel pubblico caloroso, che mi ha accolto benissimo, e dopo sono andato a cena con la squadra. Sono sempre rimasto legato alla città, al cavaliere Maggiò, una persona incredibile che ha permesso l’inizio della nostra scalata. Non ci sono parole per descrivere cosa ha fatto. Ho giocato a Caserta otto fantastici anni, e sono stato felice che abbiano vinto lo scudetto». Seppur Oscar non sia riuscito a vincere il tricolore del 1991 con Caserta, che ha lasciato giusto l’estate prima, è impossibile non legare il suo nome a quel successo. Segno dell’affetto che il popolo casertano nutre nei suoi confronti, e allo stesso tempo di quanto il giocatore abbia segnato quelle memorabili stagioni. «Ricordo tutto della città, ho tanti amici, ho addirittura battezzato un ragazzo casertano. Posso dire che mi manca la vita di Caserta. Spesso parlo con mia moglie Cristina del fatto che la città seppur piccola fosse il posto ideale dove vivere. E quando ci ritorniamo andiamo a vedere tutti i luoghi che frequentavamo. Se non me ne fossi andato ci sarei rimasto per tutta la vita».

Oscar è una leggenda della pallacanestro anche e soprattutto per quel suo record di 49.737 punti segnati. Ma con la Juvecaserta ha purtroppo perso diverse finali, come quella in Coppa delle Coppe di 34 anni fa contro il Real Madrid dopo un supplementare. Forse la partita più bella che si sia mai vista su di un campo da basket. «Quella gara mi ha lasciato un rammarico incredibile. Nando Gentile doveva tirare un 1+1 ai tiri liberi con zero secondi sul cronometro, ma non li ha tirati perché gli arbitri non si sono voluti mettere contro il Real Madrid. Ho visto e rivisto decine di volte quell’ultima azione, e l’arbitro ha fischiato fallo, però poi ha cambiato idea. Per me rimarrà la più grande delusione che ho avuto in Italia. Giocavamo contro uno squadrone, e noi eravamo al top della nostra forma consapevoli che potevamo vincere. Eravamo senza alcun dubbio le due migliori squadre che si potessero affrontare». Una sfida nella sfida, perché ad Oscar che segnò 44 punti replicò Drazen Petrovic con ben 62.

Tra leggende ci s’intende, e negli anni in cui ha militato all’ombra della Reggia vanvitelliana il brasiliano ha incontrato pure Maradona. «Era un atleta tremendo. Un giorno uno dei giocatori del Napoli mi disse che anche quando stava male, loro potevano sempre contare su di lui. Sapevano che lo avrebbero trovato lì in campo a lottare fianco a fianco, qualsiasi cosa succedesse». Tornando al basket, ‘Mao Santa’ non nasconde di aver sempre voluto giocare con i migliori. Nell’agosto del 1985, in una storica amichevole tra Caserta e Trieste, fu avversario del più forte di sempre: Michael Jordan. Ancora acerbo, il giocatore dei Chicago Bulls frantumò il tabellone in vetro per la troppa foga di una schiacciata. «Lo vedevo muoversi in campo ed ho pensato che fosse un ottimo giocatore. Si capiva che avrebbe dominato in Nba perché era un predestinato. È stato fantastico poter giocare contro di lui».

La carriera di Oscar è stata costellata di successi ed anche di qualche delusione. Dopotutto si sa, lo sport è fatto anche di cocenti sconfitte che spesso sono però la benzina che alimentano le vittorie. «A volte penso che la mia vita sia un racconto di favole, perché la mia carriera è stata incredibile. Ancora oggi se cammino per strada ci sono persone che si fermano e che vogliono fare una fotografia con me. Per tutto questo devo molto all’Italia e a coach Tanjevic, perché mi hanno fatto migliorare come giocatore e mi hanno permesso di rimanere conosciuto. Con Caserta ho giocato diverse finali, ma abbiamo vinto solo la promozione in A e la Coppa Italia. Questo è il mio più grande rammarico - ha concluso il cecchino brasiliano - perché ancora oggi non capisco come in Brasile vincevo tutto mentre in Italia no».

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