antica cittadella
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MADDALONI - Nell'ottobre del 1983 Ferdinando Imposimato stava portando avanti delle indagini molto importanti nella lotta alla criminalità organizzata, inchieste che avrebbero permesso di scoprire l'identità di "don Mario Aglialoro" o "Salamandra", il nome in codice utilizzato dal mafioso Pippo Calò, capo famiglia di Porta Nuova a Palermo e cassiere di Cosa Nostra a Roma, perseguito da mandato di cattura di Giovanni Falcone. I clan volevano la testa di quel giudice, impegnato a fare chiarezza sull'omicidio del boss Domenico Balducci e su una serie di speculazioni edilizie nella Capitale. Ma Ferdinando Imposimato risultava un obiettivo troppo difficile da colpire. Per questo Calò diede l'ordine di fargliela pagare ammazzando suo fratello. 

L'agguato mortale

Quarantuno anni fa, a Maddaloni, in provincia di Caserta, Franco Imposimato venne ucciso in un agguato mafioso, organizzato per fermare delle investigazioni scomode. Era il tardo pomeriggio dell'11 ottobre del 1983 quando l'auto di Franco venne affiancata da una Ritmo 105. A bordo c'erano tre sicari, che sbarrarono la strada alla vettura della vittima e fecero fuoco. Undici proiettili andarono a segno, ammazzandolo sul colpo. La moglie di Imposimato, Maria Luisa Rossi, che era nell'abitacolo con il marito, riportò gravi ferite, ma sopravvisse. I due si trovavano non lontano da casa, a poche centinaia di metri di distanza dall'azienda nella quale entrambi lavoravano, la Face Standard, vecchia impresa di telecomunicazioni e ora grande fabbrica abbandonata nel cuore di Maddaloni. Franco Imposimato conduceva una vita semplice. Impiegato, padre di due figli, Giuseppe e Filiberto, era tornato in Campania, nella sua città natale, dopo aver vissuto per alcuni anni in Africa. Aveva trovato lavoro nella Face Standard, dove operava anche come sindacalista della Cgil. Si ipotizzò inizialmente che il suo omicidio fosse stato deciso e compiuto dalle Brigate Rosse, prima che una telefonata agli organi di stampa chiarisse la matrice mafiosa dell'assassinio. Questo il proclama: "Ucciso il fratello di un giudice boia". Il fratello di Franco, Ferdinando Imposimato, deceduto nel 2018, era un magistrato impegnato in prima linea. Già presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, era stato giudice istruttore a Roma dove, nel 1983, aveva depositato la prima e la seconda sentenza del processo sull'omicidio di Aldo Moro. Seguiva anche diversi processi di mafia e indagava sulla Banda della Magliana, in particolare sui legami tra la politica e le sue alleanze romane. 

I processi

Come è stato riconosciuto nei processi per l'assassinio di Franco Imposimato, conclusi in Cassazione con la condanna all'ergastolo di mandanti ed esecutori materiali, il delitto fu commissionato nell'ambito di un patto tra mafia, camorra e Banda della Magliana. Fu proprio l'esponente di Cosa Nostra Pippo Calò a chiedere al clan dei Casalesi di uccidere Imposimato per fermare le inchieste del fratello Ferdinando. Il compito fu accettato ed eseguito dalla camorra, intenzionata anche a frenare la forte spinta ambientalista di Franco, che da tempo era impegnato nel denunciare le cave abusive ricavate sui monti Tifatini, andando a scontrarsi con gli interessi della camorra. L'11 ottobre 2023, in occasione del quarantennale dell'agguato mortale ai danni di Imposimato, anche il prosidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato la figura di Franco, spiegando: "Il delitto che si consumò a Maddaloni fu al tempo stesso l'assassinio di un uomo che si batteva per liberare la società dall'oppressione delle mafie e una vile vendetta trasversale per tentare di porre a tacere un magistrato che non si era piegato al ricatto". "I killer e i loro mandanti - il messaggio di Mattarella - volevano far tacere un sindacalista impegnato nella difesa della dignità del lavoro e nella salvaguardia dell'ambiente e, insieme, intimidire e minacciare il fratello, il giudice istruttore Ferdinando Imposimato, che stava portando alla luce complicità e intrecci tra organizzazioni mafiose e altri gruppi criminali". Imposimato era "un testimone di impegno sociale e di lotta per la legalità e la giustizia. Gli assassini e le mafie - così il Capo dello Stato - sono sconfitti dal coraggio e dalla coerenza di chi interpreta e trasmette i valori della nostra convivenza civile raccolti nella Costituzione e il senso di libertà e di civiltà".