MONDRAGONE – Non si spegne l’attenzione sui conti dell’amministrazione comunale di Mondragone dopo la sentenza della Corte dei Conti dello scorso 29 agosto con la quale veniva bocciato il piano di riequilibrio di bilancio pluriennale presentato dalla giunta Lavanga. 

Le motivazioni

Nella giornata di ieri infatti la Corte dei Conti ha pubblicato le motivazioni che hanno spinto la corte amministrativa a rimandare al mittente lo schema.

“Per il finanziamento della massa passiva, il Comune ha prospettato nel piano una serie di misure, tra le quali l’unica misura attendibile è quella concernente la “scadenza naturale mutui in ammortamento: Dall’esercizio 2027 l’Ente non dovrà più inserire in bilancio la somma annuale di € 1.291.656,92 in relazione allo scadere del mutuo in essere con la Banca Nazionale del Lavoro”. Tra l’altro, in sede di risposta alle richieste di precisazioni, il Comune ha rappresentato che “la parte predominante del risanamento, che ha potuto far pensare al rispetto di un piano di riequilibrio, altrimenti di difficile attuazione, è la scadenza, al 2026, del mutuo in essere con la Banca Nazionale del Lavoro. Tale scadenza naturale, libera da tale esercizio in poi la somma annuale di € 1.285.000 che potrà essere utilizzata per coprire le quote annuali del disavanzo di amministrazione, come verrà ad essere determinato da Codesta Corte.” Al riguardo, si evidenzia che la deliberazione n. 5/2018 della Sezione delle Autonomie specifica che “Il ricorso al piano di riequilibrio, peraltro, non si esaurisce in un mero piano di estinzione rateizzata dei debiti in un esteso arco di tempo, ma principalmente nell’adozione di misure strutturali che evitino il riformarsi dei debiti, misure che devono incidere maggiormente nei primi anni previsti dal piano per poi stabilizzarsi negli anni successivi. Si deve, cioè, dimostrare di poter garantire in prospettiva un equilibrio economico-finanziario veritiero e durevole nel tempo”. 

Scostamenti tra le previsioni

Ai fini della costruzione degli equilibri, dall’analisi dei documenti contabili approvati nei primi anni di attuazione del piano, si rilevano scostamenti tra le previsioni indicate nei Bilanci di previsione 2024-2026 e le stime delle corrispondenti voci contenute nel piano, sia relativamente alle entrate correnti che alle spese correnti. Pur rilevando la differenza tra l’ubi consistam dell’accertamento, che deve essere svolto in base al parametro della congruità/proporzionalità/ragionevolezza ex art. 243-quater, co. 3, TUEL, in sede di accesso alla procedura di riequilibrio, rispetto a quello svolto nella successiva attuazione del Piano, per verificare l’eventuale “grave e reiterato” 118 scostamento dagli obiettivi intermedi (ribadito dalla sentenza n. 14/2022 delle Sezioni riunite in speciale composizione) occorre tener presente che “nel valutare la congruità del Piano, la Sezione regionale non può quindi prescindere dalla verifica della situazione finanziaria attuale dell’ente in relazione alla permanenza o meno delle condizioni originarie di squilibrio che avevano legittimato il ricorso alla procedura di risanamento”(cfr. SS.RR. spec. comp. n. 1/2023). Ciò posto, è stata esaminata l’evoluzione dei risultati di amministrazione per gli esercizi 2021-2023. Dall’esame del risultato di amministrazione, Parte disponibile lettera E), accertato dall’Ente a rendiconto 2022 (dati BDAP), emerge il mancato recupero della quota di disavanzo programmata (che tra l’altro non risulta correttamente dimensionata, come argomentato in parte motiva) per la medesima annualità per un ammontare pari ad € -1.624.766,25. Di conseguenza, in sede di rendiconto 2023, dai dati approvati dall’Ente, si rileva un mancato recupero pari ad € 1.624.766,25. La ricostruzione effettuata assume maggiore rilevanza se si prendono a riferimento i risultati di amministrazione ricalcolati dalla Sezione in funzione delle varie criticità argomentate nei rispettivi paragrafi, come ampiamente dimostrato in parte motiva. Occorre, comunque, tener presente che tale verifica risulta inficiata dalla non esatta determinazione degli obiettivi intermedi per effetto della non corretta determinazione della durata del piano e della massa passiva definita dall’ente”.