antica cittadella
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PROVINCIA – Pubblicato la relazione semestrale della Dia sulla criminalità organizzata in Italia. Si tratta di rapporto relativo ai primi sei mesi del 2022.

“La provincia di Caserta ha il suo epicentro criminale nell’area dei Comuni intorno a Casal di Principe ove le pressanti e continue azioni di contrasto delle forze di polizia hanno evidenziato la persistente operatività del clan dei CASALESI. Nel territorio del Comune di Marcianise gli esiti investigativi documentano la presenza del clan BELFORTE, del sodalizio dei PICCOLOLETIZIA e di altri piccoli gruppi autonomi, organizzati su base famigliare, come i clan MENDITTI e BIFONE. Nel Comune di Villa Literno storicamente accertata l’operatività del clan BIDOGNETTI cui si affianca una criminalità straniera di origine centrafricana sempre più attiva in numerosi settori criminali quali i cults nigeriani che, con metodi particolarmente violenti, gestiscono il traffico e lo spaccio di stupefacenti, la tratta di esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione delle loro connazionali. L’area che comprende i Comuni di Santa Maria a Vico, Arienzo e San Felice a Cancello ricadrebbe sotto il controllo dei gruppi operanti a Maddaloni (CE) e riconducibili al clan BELFORTE di Marcianise attivi, soprattutto, nel campo delle estorsioni. In questo comprensorio, continuerebbero a operare, in particolare nel settore degli stupefacenti, anche esponenti di gruppi autonomi nel tempo indeboliti a causa della detenzione o dalla collaborazione dei rispettivi vertici. Il clan dei CASALESI ha rappresentato storicamente un punto di riferimento nel panorama criminale casertano sebbene oggi la sua struttura, differente da quella originariamente confederativa di diversi clan, risenta dell’incessante azione di contrasto condotta dalla Magistratura, dalle Forze di Polizia e dall’Autorità prefettizia.

Grazie anche ad una spiccata capacità “militare”, gli SCHIAVONE permangono la componente dell’organizzazione più forte e stabile rispetto a quelle delle famiglie ZAGARIA e BIDOGNETTI che, anche nel semestre in questione, non hanno evidenziato segnali di palese conflittualità. Il continuo adattamento per la sopravvivenza ha costretto il cartello confederato, così documentato nelle trascorse evidenze giudiziarie, ad un processo di necessaria trasformazione per evolvere in autonome organizzazioni che preservano il controllo del territorio mediante fluide e nuove modalità operative. Alle giovani leve (che vantano legami di tipo parentale con figure apicali di storiche famiglie di camorra) è affidato il controllo militare del territorio esercitato tramite la gestione delle attività illecite legate al traffico di sostanze stupefacenti, settore in cui nel passato i sodalizi casalesi erano rimasti estranei. In questo ambito, si sarebbero sviluppati rapporti per l’approvvigionamento dello stupefacente con gruppi napoletani e con la ‘ndrangheta calabrese. Le indagini concluse nel semestre hanno evidenziato anche un rinnovato interesse dei sodalizi nella gestione delle piattaforme dei giochi on line e delle scommesse illegali, nonché nell’infiltrazione nel sistema del recupero degli oli esausti mediante forme di illecita concorrenza nel peculiare mercato.

Il reimpiego di denaro provento di delitto in attività economiche e l’infiltrazione negli appalti di sevizi tramite condotte corruttive e collusive con funzionari pubblici costituiscono la manifesta vocazione imprenditoriale del clan dei CASALESI che li contraddistingue dalle altre organizzazioni camorristiche campane. La strategia di contrasto adottata dalla Procura distrettuale napoletana, che ha efficacemente coordinato gli sforzi operativi sul piano investigativo e preventivo della DIA e delle altre Forze di Polizia, ha colpito sistematicamente non solo questa spiccata capacità ma anche quella di avvalersi di un solido “capitale sociale” composto da relazioni e reti affaristiche-criminali in cui risultano coinvolti sistematicamente funzionari pubblici e imprenditori attivi in molteplici settori. Come emerso da recenti operazioni, la propensione dei Casalesi ad un modello criminale di tipo imprenditoriale e la correlata capacità di infiltrarsi nel tessuto economico dellaprovincia si concretizza mediante diversi imprenditori operanti, in particolare, nel settore edile che rappresenterebbero la “componente esterna” del clan.

Questi, pur non organici all’organizzazione camorristica, vi concorrerebbero in maniera continuativa e determinante tramite la gestione di imprese ed aziende strumentali al perseguimento dei fini criminosi del clan casalese. L’accordo economico-criminale prevede, tra l’altro, un sistema costituito dai c.d. “cambio assegni” e dalla fornitura di materiale edile alle imprese aggiudicatarie con cui le ditte “compiacenti” riuscirebbero a garantirsi la spartizione degli appalti anche in altri settori imprenditoriali come quello dei rifiuti speciali e in altri territori della regione campana. Talune attività investigative concluse dalla Polizia di Stato di Caserta hanno evidenziato l’interesse dei clan casertani anche verso i settori socio-assistenziali. Tale infiltrazione nel cd. “terzo settore” avverrebbe tramite il coinvolgimento di persone fisiche, gruppi familiari e imprese riconducibili alla criminalità organizzata casalese, da cui i clan trarrebbero enormi profitti grazie al complesso sistema di controllo delle gare pubbliche per l’affidamento dei servizi sanitari e di assistenza, spesso ricorrendo a pratiche corruttive in concorso con funzionari delle locali amministrazioni.

Le società cooperative coinvolte nell’indagine sarebbero intestate fittiziamente a terzi soggetti sebbene in taluni casi, negli organigrammi di Società e Consorzi di Cooperative sociali, figurano soggetti già colpiti da provvedimenti interdittivi antimafia. Una delle modalità utilizzate dalle società coinvolte nell’indagine sarebbe quella di aggiudicarsi gli appalti più consistenti “appoggiandosi” ad altre aziende di maggiori dimensioni in grado di far fronte – per capacità tecnico-organizzative – alla fornitura dai servizi più complessi. Le tecniche emerse e palesemente finalizzate a turbare la libertà di scelta dei contraenti sarebbero consistite anche nel ricorso sistematico ad azioni giudiziarie in sede amministrativa per impugnare, solo in caso di mancata aggiudicazione, gli atti amministrativi definitori dei procedimenti amministrativi. Questo meccanismo avrebbe permesso alle società riconducibili al clan di poter sfruttare lo strumento della cd. “proroga tecnica”, ex art. 106 comma 11 del D. Lgs. 50/2016, giustificata dalla necessità delle amministrazioni pubbliche di garantire i servizi nelle more della conclusione della procedura indetta per il reperimento di un nuovo contraente.

Il contrasto ai patrimoni illeciti nei confronti delle diverse compagini del clan dei CASALESI ha segnato, anche nel semestre in corso, importanti risultati. Beni per circa 7 milioni di euro riconducibili a imprenditori edili “vicini” al citato clan operanti anche nella provincia di Lucca e Caserta sono stati confiscati in quanto illecito frutto dell’aggiudicazione di molteplici appalti per milioni di euro acquisiti grazie alla connivenza di un dirigente dell’ASL. Un’importante sequestro patrimoniale, del valore complessivo di 9 milioni di euro costituito da disponibilità finanziarie suddivise in fondi di investimento, azioni, conti correnti e quote societarie, è stato eseguito dalla DIA a carico di una famiglia di imprenditori legata, da stretti vincoli di parentela, ad un esponente di spicco dei CASALESI-gruppo ZAGARIA. La misura ablativa è scaturita dall’approfondimento investigativo di una serie di operazioni sospette che hanno condotto all’individuazione di un patrimonio mafioso non ancora colpito e interdetto alla disponibilità del gruppo imprenditoriale considerato nel tempo l’ala economica della famiglia ZAGARIA”.