Denunciato dalla moglie, poi fanno pace ma perde il porto d’armi
Il TAR ha quindi confermato il divieto imposto dal Prefetto e condannato il ricorrente al pagamento di 1.500 euro

SAN MARCELLINO - Un uomo residente a San Marcellino ha perso il diritto di detenere armi, munizioni e materiali esplosivi, nonostante abbia fatto pace con la moglie che lo aveva denunciato per maltrattamenti e lesioni personali.
Il provvedimento del Prefetto
Il Prefetto di Caserta, su proposta del Comando dei Carabinieri locale, ha emesso un provvedimento restrittivo in via cautelare, ritenendo la situazione familiare un possibile fattore di rischio per un uso improprio delle armi.
Nel ricorso contro tale misura, l’uomo ha sostenuto che il provvedimento fosse basato su mere supposizioni, e non su una valutazione concreta dei fatti. Secondo il ricorrente, la decisione del Prefetto mancava di una motivazione adeguata, risultando arbitraria e fondata su elementi formali piuttosto che su prove effettive. Ha inoltre evidenziato l’assenza di precedenti penali e la mancanza di indizi che potessero far dubitare della sua affidabilità nella gestione delle armi.
Inoltre, ha sottolineato come la querela della moglie fosse stata ritirata e come anche la domanda di separazione fosse stata abbandonata, a seguito di una riconciliazione tra i coniugi. Per questo motivo, secondo la difesa, non sussistevano più le condizioni che avevano originato il provvedimento restrittivo.
Il TAR ha rigettato il ricorso
Tuttavia, il TAR della Campania (Sezione Quinta) ha rigettato il ricorso, richiamando un orientamento giurisprudenziale costante: anche in assenza di condanne penali o con querela ritirata, le Autorità di Pubblica Sicurezza possono fondare i propri provvedimenti su fatti di potenziale rilevanza penale. In questo caso, il giudice ha ritenuto che la situazione familiare presentasse elementi di conflittualità e comportamenti aggressivi da parte del ricorrente, testimoniati anche da quattro referti medici del pronto soccorso.
Pertanto, la remissione della querela non è stata ritenuta sufficiente a fugare i dubbi sull’affidabilità dell’uomo nel possesso e uso delle armi. Il TAR ha quindi confermato il divieto imposto dal Prefetto e condannato il ricorrente al pagamento di 1.500 euro per spese processuali in favore dell’amministrazione resistente.