L'INCHIESTA. Torture in carcere, 126 parti civili ammesse al maxi-processo agli agenti della polizia Penitenziaria
L'INCHIESTA. Torture in carcere, 126 parti civili ammesse al maxi-processo agli agenti della polizia Penitenziaria
SANTA MARIA CAPUA VETERE - Sono 126 le parti civili ammesse dalla Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere al processo per le violenze ai danni dei detenuti avvenute il 6 aprile del 2020 nel carcere sammaritano «Francesco Uccella», in cui sono imputate a vario titolo per reati di tortura, omicidio colposo come conseguenza di tortura (reato contestato solo a ventidue imputati), lesioni pluriaggravate, abuso di autorità, falso in atto pubblico, 105 persone, quasi tutti agenti della Polizia Penitenziaria, ma anche funzionari del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) e medici dell'Asl di Caserta.
Delle parti civili ammesse, 117 sono detenuti riconosciuti dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere come vittime delle violenze (erano in totale 177 ma una cinquantina non si è costituito), cinque sono associazioni, quattro già costituitesi durante l'udienza preliminare, mentre l'ultima, l'associazione «Italiastatodiritto», creata il 7 novembre scorso, prima udienza del dibattimento.
Figurano poi il garante nazionale e quello regionale dei detenuti, quest'ultimo - Samuele Ciambriello - determinante per l'avvio delle indagini sulle violenze grazie alle sue denunce raccolte dai detenuti picchiati. Ci sono infine il ministero della Giustizia e l'Asl di Caserta, che nel processo compaiono tanto come parti civili che nella veste di responsabili civili, per cui in teoria potrebbero avere un risarcimento in caso di condanna degli agenti o dei medici ed essere nello stesso chiamate a pagare nel caso in cui gli imputati non riuscissero a risarcire le vittime.