antica cittadella
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SANTA MARIA CAPUA VETERE – "Non è normale tutto questo, che io sto in causa con le guardie e sto in mezzo a loro. Una persona più debole come fa, molte detenuti sono traumatizzati e non si sentono di venire qua, hanno paura, magari devono fare pochi mesi, fateli uscire. L'unica fortuna è che venire a testimoniare è un obbligo".

E' lo sfogo del teste Fabio D'Avino nell'aula bunker del carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) dove è in corso il processo per le violenze ai danni dei detenuti della struttura sammaritana avvenuti il 6 aprile 2020, che vede imputate 105 persone tra agenti penitenziari, funzionari del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) e medici dell'Asl di Caserta. D'Avino, vittima dei pestaggi e costituitosi parte civile nel processo - è attualmente ancora detenuto - è stato sentito in controesame dai difensori di alcuni imputati, e rispondendo all'avvocato Raucci che gli chiedeva conto delle dichiarazioni rilasciate nell'udienza del 18 ottobre scorso - "se voglio io, domani questo processo non si fa più" disse D'Avino - il teste ha specificato non avere "nessuna forza o potere su altri detenuti, ma anche all'epoca dei fatti c'erano detenuti che non volevano andare in Procura, soprattutto stranieri come romeni o anziani;

soffrivano, mi dicevano che 'non volevano andare contro lo Stato altrimenti la prossima galera te la fanno fare brutta'". Raucci ha poi chiesto a D'Avino come fa "a parlare con un altro detenuto che fa parte del gruppo dei testimoni di questo processo?" "Noi ci sentiamo molto, ci scriviamo, molti detenuti hanno rapporti con famiglie fuori, con qualcuno ho condiviso periodi di detenzione nella stessa cella".

L'avvocato Giuseppe Stellato, che difende diversi imputati tra cui l'ex Comandante della Polizia Penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere Gaetano Manganelli, chiede a D'Avino se "è vero che Manganelli, quando ci furono le proteste dei detenuti il 5 aprile per alcune positività al Covid emerse nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, vi disse che vi avrebbe fatto parlare con il magistrato di sorveglianza, ponendosi come vostro interlocutore". "Si è vero" ha confermato D'Avino, che poi ha detto che Manganelli "con noi era un po' freddo, veniva in sezione sempre scortato da dieci agenti, sembrava Pablo Escobar"